Donne & Avvocatura: ieri, oggi, domani. L’eredità di Lidia Poët e le sfide ancora da affrontare
Le pari opportunità non sono una medaglia da appuntarsi al petto, ma un obiettivo da perseguire con determinazione e intelligenza. Serve un patto generazionale. Networking e formazione come strumenti per emancipare ed emanciparsi
A due settimane dall’evento formativo che, a nome della Camera Civile di Palermo, ho avuto il privilegio di organizzare nell’aula magna della facoltà di Giurisprudenza della nostra città, torno a parlare del tema a me caro delle “pari opportunità di genere” e delle sue implicazioni nella professione forense.
L’appuntamento dello scorso 8 luglio, moderato con la solita sensibilità e grande professionalità da Maria Giambruno, era dedicato all’eredità di Lidia Poët (1855-1949), prima laureata in giurisprudenza dell’Italia monarchica a poter accedere, dopo lunghe ed estenuanti battaglie in un mondo ancora totalmente dominato dalla cultura patriarcale, all’Ordine degli avvocati di Torino.
L’evento nasce dal mio incontro con questa storica figura, di grande ispirazione per tutte le donne italiane che dopo di lei, grazie al suo esempio e alla sua resilienza, si sono accostate all’avvocatura. Un incontro rinnovato ultimamente dalla scoperta di un libro, intitolato non a caso “Lidia e le altre”, suggeritomi dall’amica e collega Lia Campione, responsabile della formazione dello studio. Legale internazionale Linklaters.
Verso un patto generazionale
E’ intorno a questa recente pubblicazione – introdotta dalle illuminanti parole del ministro della giustizia in carica Marta Cartabia e con un’intelligente prefazione di Pierluigi Battista – che ho progettato i lavori della giornata, invitando l’autrice, Chiara Viale, e facendola affiancare da una serie di autorevoli “testimoni”: da Laura Lorello, coordinatrice del Corso di laurea magistrale in giurisprudenza, a Marinì Badalamenti, presidente del Comitato pari opportunità dell’Ordine degli avvocati di Palermo, a Maurizio Carta, docente di urbanistica e delegato dal nuovo sindaco di Palermo, Roberto Lagalla.
Molteplici argomenti di notevole interesse si sono intrecciati in un pomeriggio denso ed emozionante per la qualità degli interventi e delle sollecitazioni. In particolare mi piace ricordare l’esigenza, sentita da tutti i partecipanti, relatori e pubblico, di avviare subito nuovi percorsi di solidarietà e formazione che vedano come protagonisti, con una sorta di patto generazionale, donne e uomini già inseriti nella professione e le nuove leve di aspiranti avvocati che frequentano gli ultimi anni universitari.
Libere di scegliere
Due spunti problematici di grande attualità mi stanno, inoltre, particolarmente a cuore. Il primo è il dilemma che tante donne vivono tuttora fra la volontà di abbracciare una professione impegnativa come la nostra e quella di “farsi una famiglia”, i cui carichi di lavoro sono ancora in maniera preponderante a carico della componente femminile della coppia: chi sceglie entrambe le cose è spesso costretta a evoluzioni da trapezista per riuscire a bilanciare e assolvere entrambi i ruoli nelle indispensabili condizioni di serenità e concentrazione.
La seconda criticità, che ho vissuto anch’io, inizialmente, sulla mia pelle, è la difficoltà, per una giovane avvocata, di aderire liberamente al ramo di specializzazione che preferisce, senza sentirsi vittima dei pregiudizi che ancora allignano tra le file degli avvocati e che spesso condizionano, non solo a livello psicologico, le nostre future scelte professionali. Un esempio per tutti: l’aura da “Cenerentola” che incombe su una specializzazione di assoluto rilievo (e sempre più richiesta nella società contemporanea) come il diritto di famiglia, troppo spesso snobbato dai colleghi maschi e vissuto erroneamente come una diminutio anche da alcune donne in carriera.
Empowerment al femminile
Per superare nei fatti questi conflitti che riguardano da vicino la nostra generazione e coinvolgono tanti aspetti della nostra vita quotidiana, non basta una generica dichiarazione d’intenti, ma occorre “fare rete” e lavorare su tutti i piani (culturale, sindacale, politico…) mirando a un radicale cambio di paradigma nella società e nell’esercizio della nostra professione, a partire dalle dinamiche dell’accesso.
Il profilo che ho ricordato di Lidia Poët, se ci pensiamo bene, non è solo un precedente illustre da celebrare, ma è una “stella polare” per tutte noi avvocate, in quanto contiene, in nuce, tutti gli elementi su cui si svilupperà, nei decenni successivi, la concreta possibilità dell’allargamento della platea al genere femminile. Nel contesto di fine Ottocento, in cui studiare per le donne di un certo status era un semplice gesto di emancipazione, spesso mal tollerata, cui non corrispondeva però un vero sbocco professionale, a parte quello dell’insegnamento nella scuola primaria, la sua visione è potente: Lidia giunge a immaginare e precorrere un traguardo ancora inespresso. Un sogno che si realizza, anche se solo alle soglie della vecchiaia – grazie alla legge Sacchi, che nel 1919 pose fine, tardivamente, all’assurda discriminazione. Perché donne avvocate all’epoca non ce n’erano, né in Europa, né negli Stati Uniti. Figuriamoci nella provincia italiana, dove Lidia, nasce e inizia a progettare e costruire, con grande determinazione, il tipo di donna che vorrebbe diventare.
In tv e nelle aule universitarie
A divulgare la parabola del suo percorso umano e intellettuale, oltre al libro, ci sarà presto una serie Netflix in sei episodi, interpretata da Matilda De Angelis. Un altro segnale di quanto questa storia sia in grado di colpire l’immaginazione e diventare appetibile per un pubblico vasto e trasversale come quello delle serie tv.
Una storia analoga a quella di Poët stata raccontata, con successo, qualche anno fa, nel film “Una giusta causa”, dedicato alla vicenda di Ruth Bader Ginsburg, tra le prime donne avvocato della storia americana. L’epoca in questo caso sono gli anni ’50: la protagonista viene ammessa al corso di legge dell’Università di Harvard, ma nonostante il suo talento viene rifiutata da tutti gli studi legali in cui potrebbe fare pratica proprio perché donna. La sua caparbietà avrà la meglio sulla palese ingiustizia e Ruth terminerà la sua carriera come giudice della Corte Costituzionale a stelle e strisce. Una nemesi perfetta.
Nel 2022, la strada per la compiuta equiparazione dei diritti e delle opportunità è ancora lunga. Sensibilizzazione e aggiornamento sono sicuramente una chiave di volta. E a questo proposito segnalo, in chiusura, la bella novità annunciata da Laura Lorello durante la giornata dedicata a Lidia Poët: l’avvio per il prossimo accademico di un nuovo dottorato di ricerca del polo universitario di Palermo, centrato su differenze di genere, partecipazione e uguaglianza dei diritti. Un tassello importante perché legato alla formazione, nel suo ambito più prestigioso.
Buone vacanze a tutte e tutti.
Maria Antonietta Catania, avvocata mediatrice, esperta in relazioni familiari e risoluzione alternativa delle controversie, membro del direttivo della Camera Civile di Palermo.